Tarocchi, che passione! Fin troppo facile, forse, liquidarne ogni aspetto e considerarli alla stregua di credenze popolari. Se continuano ad essere letti, consultati e documentati deve sicuramente esserci un qualche interesse di fondo, che persevera fin dalla notte dei tempi (molto probabilmente almeno dalla metà dell'anno 1200).
Del resto, anche uno psicologo e psichiatra importante per lo sviluppo del pensiero moderno come Carl Gustav Jung arrivò a riconoscere nei tarocchi una forma interessantissima di ciò che veniva da lui chiamato "inconscio collettivo". Tarocchi e fortuna. Tarocchi e il nostro futuro, così difficile da preventivare. Tarocchi e i nostri desideri. Tarocchi e vita lavorativa. Naturalmente, anche tarocchi e amore, soprattutto nei tempi distanzianti (e ancora anomali, pieni di vincoli su quello che possiamo fare e su chi possiamo o meno incontrare, inclusi i nostri cari) che siamo costretti a vivere.
Il che significa: i tarocchi potrebbero, a questo punto, esprimere il nostro modo di pensare "interiorizzato", sepolto, interno, per dirla in modo più semplice quello che nel nostro profondo pensiamo tutti, in molti casi senza nemmeno dirlo apertamente, senza nemmeno accorgerci che lo facciamo, e che è il più delle volte in grado di esprimere i nostri desideri più reconditi, segreti, inconfessabili. Un viaggio tra i nostri tabù, se vogliamo, e tra le mille proibizioni in cui siamo sospinti in quest'epoca moderna, che ci condiziona tutti e che grazie a tarocchi potremmo, in qualche modo, essere in grado quantomeno di rilevare meglio.
78 carte con affascinanti simboli rappresentati su di essi, molti dei quali sono considerati i cosiddetti "arcani maggiori". Dai nomi altisonanti ed in grado di evocare le più diverse suggestioni: la Papessa, l'Eremità, la Ruota, l'Appeso, il Mondo, il Giudizio e - non poteva mancare, ci verrebbe da scrivere - il Matto. Si tratta dei tarocchi, le carte con cui i cartomanti sono a volte in grado di "leggere" nelle nostre vite, in effetti, sono qualcosa in più di un semplice "tirare ad indovinare", come molti scettici tendono a sostenere da tempo. I tarocchi potrebbero, semmai, essere in grado di contenere ed elaborare simboli che abbiamo assimilato al nostro inconscio, il che significa che rendono la cosa un tratto comune per tutti gli esseri umani (inclusi gli scettici, a questo punto). E come avverrebbe questo condizionamento? È subito detto: secondo modalità che i più tendono a ricondurre al cosiddetto "pensiero magico". Una bellissima frase che riassume questo concetto, secondo lo stesso Jung, è quella secondo cui i tarocchi rappresentano una specie di deposito di tutte le esperienze umane, fin dall’inizio dei tempi.
Le origini dei tarocchi, del resto, rimangono confinate ad un ambito misterioso e mai chiarito del tutto dagli storici: secondo la maggiorparte delle fonti, infatti, sarebbero state portate in Europa per la prima volta da Marco Polo, per quanto poi la loro effettiva origine si faccia risalire e si intrecci, tra mille contaminazioni differenti, all'uso delle carte napoletane (coi loro noti semi bastoni, spade, coppe e denari). Nulla di cui non si sia approfonditamente discusso in passato, ovviamente, e che continua ad esercitare il proprio fascino sulla mente di molti di noi. Neanche a dirlo, a volte senza che ce ne accorgiamo, in modo inconscio, effettivamente, dando ragione a quell'osservazione fatta da Jung più di 70 anni fa.