Da diversi anni a questa parte, l’interesse nei confronti della cannabis è aumentato notevolmente. Ogni giorno tantissime persone scelgono di iniziare a coltivarla per hobby. Quando ci si avvicina a questo mondo, è necessario ricordare l’esistenza di diverse tipologie di sementi.
Tra i semi di cannabis più famosi e apprezzati troviamo gli autofiorenti. La loro caratteristica principale risiede nel non essere fotoperiodici. Ciò vuol dire che crescono sulla base non della luce, ma dell’età delle piante. Queste ultime, generalmente, raggiungono altezze non eccessive, il che è vantaggioso soprattutto quando si ha a che fare con spazi piccoli e si ha voglia di mantenere la massima discrezione.
La storia dei semi autofiorenti è iniziata negli anni ‘70 e ha visto il culmine all’inizio del terzo millennio. Raccontarla vuol dire chiamare in causa una varietà su tutte: la Lowryder. Seguici nelle prossime righe per scoprire tutte le informazioni che la riguardano!
Quando è nata e da dove deriva il suo nome
La Lowryder è nata grazie
all’iniziativa di Joint Doctor, breeder considerato ancora oggi il padre della
cannabis autofiorente. Quando si chiama in causa questa varietà, è interessante
parlare anche dell’origine del suo nome. Da cosa deriva? Da quello di una
rivista di automobilismo, la preferita del breeder canadese.
I ceppi coinvolti
La varietà di cannabis autofiorente Lowryder è il risultato dell’unione fra tre diversi ceppi. Si tratta di preciso della cannabis Northern Lights 2 e della Mexican Ruddy. Secondo i breeder più esperti, a fare davvero la differenza è stata l’aggiunta a questo ibrido della varietà Williams’s Wonder.
Una caratteristica importante della Lowryder riguarda la presenza di cannabis ruderalis. Gli studi scientifici e gli esperimenti dei breeder su questa varietà sono alla base dell’epopea delle autofiorenti. Perché è importante? Per un motivo molto semplice: si tratta di una varietà di cannabis di origine siberiana che, nel corso degli anni, si è dimostrata in grado di resistere alle temperature rigide tipiche dell’appena citata zona del mondo.
Queste caratteristiche sono alcune fra le più importanti peculiarità che differenziano le piante di cannabis autofiorenti rispetto a quelle nate da semi fotoperiodici.
Per capire meglio l’unicità della Lowryder, è importante soffermarsi sulle caratteristiche delle varietà che compongono l’ibrido. La già citata Northern Lights 2 è stata per diversi anni un punto di riferimento per la concretizzazione di incroci finalizzati a dare vita a ibridi di grande potenza.
Cosa dire, invece, della Mexican Buddy? Che si tratta di un regalo che Joint Doctor ricevette da un suo amico originario del Messico. Ancora oggi avvolta da un alone di mistero, questa varietà di cannabis ha peculiarità genetiche che, nonostante i grandi passi fatti dalla tecnologia, non sono ancora noti.
Su di esse, si rincorrono diverse
teorie. Una delle più accreditate chiama in causa la già citata ruderalis,
che sarebbe stata incrociata con una varietà di origine messicana all’inizio
degli anni ‘70, decennio d’oro per i breeder.
Un doveroso cenno deve essere dedicato anche alla genetica William’s Warner. In questo caso, abbiamo a che fare con il risultato di un mix tra diverse varietà di cannabis originarie dell’Afghanistan.
Pure in questo frangente tutto è iniziato negli anni ‘70 per opera di un altro nome illustre del mondo della cannabis, ossia Sam the Skunkman.
La Lowryder 2
Per amor di precisione, è il caso di ricordare che la situazione per le autofiorenti è arrivata alla vera svolta con la Lowryder 2, varietà che si contraddistingue non solo per la rapidità di crescita, ma anche per una resa produttiva superiore rispetto a quella della storica e ancora oggi famosissima Lowryder.
Per quanto riguarda i consigli di coltivazione, ricordiamo che molti breeder raccomandano di procedere in contesti indoor o in growroom.